domenica 5 dicembre 2021

Incontro con Fabio


 

Scrissi di Fabio qualche giorno fa proprio su questo blog.

Si trattava di una intervista che gli feci su questioni legate all’arte, alla creatività e al processo creativo che ispira la sua scrittura.

Breve ma intensa, come spesso accade quando si parla con Fabio anche di argomenti apparentemente più leggeri.

Conobbi Fabio del tutto casualmente vedendo la serie televisiva di Netflix dedicata alle vicende che caratterizzarono i primi decenni della vita della comunità terapeutica per tossicodipendenti Sanpatrignano.

La serie, ben fatta stilisticamente ed accattivante nella narrazione scenica, poneva in luce, attraverso documenti filmati ed interviste ai protagonisti che avevano vissuto nella comunità, i fatti che coinvolsero in primis il suo fondatore Vincenzo Muccioli.

Partivo prevenuto: sapevo dalle cronache dell’epoca, quello che era successo e quale alone avvolgeva un personaggio a tratti difficile, enigmatico, antipatico, sempliciotto ma a volte supponente come Muccioli.

Dalle prime immagini tale opinione non mi abbandonò, anzi la perplessità circa il continuare la visione stava aumentando.

Fino a quando entrò in scena Fabio. E tutto virò.

Nel senso che presto mi convinsi, sentendo le parole di Fabio e come le pronunciava o argomentava, che il mio pregiudizio potesse in qualche modo vacillare.

Ben inteso: la mia opinione su Muccioli e Sanpatrignano non cambiò radicalmente, ma ammisi che un giudizio viziato da preconcetti, fake news e passaparola circostanziati, non potesse essere usato per osservare gli eventi della vita, nel loro dispiegarsi, complessi ed articolati.

Dicevo di Fabio. Nelle interviste della serie televisiva compariva seduto su un letto di una camera d’albergo anonima e spoglia e dalle sue parole emergeva un vissuto fatto di vicende spesso drammatiche, di anni di permanenza in comunità con diverse responsabilità ma anche di angoscianti fughe.

Cantelli narrava con una “grana” che non poteva non graffiare, come carta abrasiva, le mie emozioni e  corde empatiche.

E poi lui: una postura sciamanica, una magrezza Assoluta.

Pelle e ossa.

Quella pelle che è metafora di confine adiposo con il mondo esterno, che a stento trattiene un Io invasivo che trascende da e con ogni discorso.

Quell’osso che è sostanza primitiva, arcaica che ci riporta ad una idea di morte immanente, Assoluta e comune ad ogni esperienza umana.

Ma sono gli occhi, vivi ed attenti che spesso si posano oltre l’interlocutore, capaci di inumidirsi di un velo di lacrime quando i ricordi si fanno più grevi, che tengono insieme il tutto.

Un “memento mori vivente”, bruciante ed intenso che cattura, coinvolge e non concede fughe.

Tutto questo Fabio Cantelli Anibaldi ha tentato di metterlo nel suo Libro “Sanpa. Madre amorosa e crudele”.

Libro che ha ispirato la serie televisiva, scritto ben 25 anni fa in tempi non sospetti: bello, scritto bene e finalmente “non scorrevolissimo” inteso qui come pregio. Perché sulle pagine bisogna spesso rifletterci, tornarci più volte per farle decantare nella nostra frenesia della necessità di capire tutto e subito.

Mentre scrivo queste parole, dalla finestra della mia casa di montagna si intravede uno splendido tramonto che riflettendo sulle vette di roccia coperte di neve, colora di rosso intenso il panorama. Le rocce assumono le sembianze di rosse braci che sotto la neve gelida delle alte quote ardono di bruciante vividezza.

Mi piace accostare questa immagine alle esperienze raccontate da Fabio nel libro.

Un giorno la neve si scioglierà ma le braci vivide, ardenti riscalderanno per molto ancora il nostro bisogno di tepore rassicurante.

Fabio Cantelli Anibaldi sarà ospite, in un incontro con l’autore presso l’auditorium di Locate Triulzi (MI) del quale riporto la locandina per i dettagli.

Io ci sarò e mi piacerebbe incontravi.

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