giovedì 10 marzo 2022

La fine dei Mondi. Intervista a ....


 LA FINE DEI MONDI

Incominciamo a conoscere meglio alcuni protagonisti della mostra d'arte contemporanea La fine dei Mondi di Abbiategrasso .
Incominciamo con il co-curatore della mostra stessa Giorgio Magarò.
Giorgio è un filmaker indipendente con molte produzioni alle spalle.
In questo occasione lo troviamo nella veste di artista e curatore della mostra.
Si presenterà con una installazione multimediale dal forte contenuto critico sulla responsabilità degli eventi catastrofici che caratterizzano la nostra epoca e con Limbo, un corto metraggio girato durante il recente periodo di lockdown pandemico.
A lui abbiamo rivolto alcune domande
La mostra La fine dei Mondi alla quale partecipi è caratterizzata da un forte contenuto sociale, politico.
Gli artisti sono coinvolti rilasciando un contributo su temi di attualità stringenti come l’urgenza ambientale.
Ritieni che oggi il ruolo dell’artista debba inserirsi in questa ottica di responsabilità sociale, di testimonianza critica verso i comportamenti nocivi dei poteri forti?
No. L’artista racconta ciò che vive e sente in un momento storico ed esistenziale preciso. Nella mia vita le narrazioni che ho affrontato rispecchiavano la mia posizione nel mondo in un preciso momento. Penso che la sfera individuale e sociale, politica o introspettiva abbiamo un peso diverso nelle nostre vite a seconda delle fasi in cui le percepiamo. Posso solo dire che oggi, per me, l’emergenza globale è qualcosa di imprescindibile. Con passione e rabbia. Penso che l’umanità sia arrivata ad una svolta possibile, una svolta tuttavia che sarà attuata solo quando non ci saranno alternative. In altre parole sono pessimista sulla capacità del sistema capitalistico di affrontare onestamente la crisi globale. Ci riusciremo solo in una fase successiva. Che sicuramente ci sarà, forse tra cento anni, ma ci sarà.
Il format della mostra si basa su un’impostazione indipendente dal contesto usuale su cui si basa il sistema dell’arte. Quindi niente fini lucrativi o profittevoli, ma impegno e condivisione dell’organizzazione, della curatela e assunzione collettiva delle problematicità.
Credi che queste forme organizzative, con tutti i limiti che si trascinano, possano essere delle valide alternative alle mostre convenzionalmente concepite?
L’arte deve partire da un’esigenza espressiva. A volte questa coincide con un ritorno economico, a volte no. L’importante è che tali risvolti non siano un limite, un ostacolo. Il vero artista crea per vivere ma allo stesso tempo crea in modo indipendente.
Non so se ci saranno ancora artisti “professionisti” in futuro. Forse l’arte è destinata a diventare qualcos'altro.
I tuoi progetti futuri e in tre parole come definiresti la tua arte o te come artista.
Non faccio previsioni per il futuro. Anche perché il mio lavoro si contestualizza socialmente ed emotivamente nel tempo e nello spazio. In questo momento pandemico il mio percorso si concentra sulle produzioni “home studio” e rispecchiano un concetto di produzione autogestito sia come spazi che come tecnica, domani mi piacerebbe tornare a viaggiare, a condividere maggiormente le esperienze, anche perché la mia arte consiste nel raccontare storie di persone. Storie attraverso la costruzione di qualcosa di tangibile, concreto, a tratti orgogliosamente artigianale.

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