mercoledì 10 novembre 2021

IL NOSTRO DESTINO, FORSE



Il nostro destino, forse è quello di restare senza risposte.

Quelle risposte definitive che ci rassicurano, ci tranquillizzano e ci assecondano edificando il proprio confort.

Si tratta di essere disposti ad una riduzione di una distanza, di una misura della cui natura non siamo propriamente artefici.

È questo il nocciolo della questione, del vulnus che ci attanaglia alla gola togliendoci il respiro.

Da questa sensazione di soffocamento ci si può liberare, previo essere disposti a perdere qualcosa.

Allora cerchiamo di ridurre il danno, la distanza che ci separa dall’evento dell’opera d’arte. Dico di quell’evento che si manifesta, nostro malgrado, quando guardiamo un quadro, una scultura, in definitiva un’immagine.

Tranquilli. Non è colpa nostra. Non ce la siamo cercata.

Una via di fuga veloce, breve e senza apparenti conseguenze esiste: l’immersione nel sentimentalismo, dell’appagamento retinico e del “questa è arte che arriva al cuore”.

Dicevo dell’atto di guardare un’opera d’arte e dallo spaesamento che proviamo perché non siamo in grado di sostenere lo sguardo indagatore che l’opera ci rimanda.

L’opera, il suo evento che ci sovrasta lo fa partendo dal suo statuto che è sempre frutto di un trauma.

Quel trauma che deriva dall’impossibilità di riprodurre la realtà, cosa sempre distinta dal mezzo che ne evidenzia la sua inconsistenza, la sua fugacità: l’opera è una cosa, il reale un’altra. In mezzo una spaccatura insanabile, devastante.

 

È questo trauma che non sopportiamo, che non siamo disposti ad accettarlo perché reale nella sua irrealtà di linguaggio, di rappresentazione.

Se non pratichiamo questo atteggiamento, saremo costretti alla postura, al rappresentativo, all’artigianale e decorativo.

L’arte ci impone questo sforzo, questo passaggio obbligato.

Si tratta di un superamento di una soglia, oltre la quale rischiamo di trovare l’abisso.

Il nostro compito è avanzare sull’orlo di questo abisso, in un gioco di equilibrismo pericolosissimo.

Arte bastarda, verrebbe da dire.

Ho visto e detto di peggio nella mia vita, tutto sommato.

Un orizzonte di nulla non mi spaventa.

Non cerco risposte. Mi bastano le mie domande

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