martedì 18 febbraio 2025

Impermanenza, Wabi-Sabi e Anselm Kiefer: la bellezza della rovina nell' Arte Contemporanea

 



 L’installazione di Anselm Kiefer  “I Sette Palazzi Celesti” ospitati stabilmente presso l’Hangar Bicocca di Milano - si ispira ai sette palazzi descritti nello Sefer Hechalot un antico testo esoterico ebraico che narra del viaggio dell’anima attraverso sette livelli di conoscenza fino a raggiungere il divino. 

Tuttavia, le torri di Kiefer non appaiono come strutture eterne e perfette, ma piuttosto come rovinate, incomplete, fragili. Forse la sua opera più iconica - gigantesca installazione di torri di cemento e piombo- evoca anche le rovine industriali e le civiltà scomparse e offre una profonda meditazione sull'impermanenza. Profondamente legata al concetto buddhista mujō, secondo cui nulla è eterno e ogni cosa è destinata a trasformarsi, questa astrazione è radicata soprattutto nel pensiero estetico buddhista zen.

Questa estetica si manifesta in molte espressioni della cultura giapponese, dalla cerimonia del tè alla ceramica raku, dalla poesia haiku alla pittura sumi-e: tutte manifestazioni artistiche accumunate dal concetto profondo del  Wabi-Sabi. Il concetto di Wabi-Sabi è intrinsecamente legato all’impermanenza. Il termine deriva da due parole giapponesi:

- Wabi, che originariamente indicava la solitudine e la semplicità, ma che nel tempo ha acquisito una connotazione di bellezza austera e profonda spiritualità.

- Sabi, che si riferisce al passare del tempo e alla patina che questo lascia sugli oggetti, rendendoli più preziosi proprio in virtù della loro età e decadimento.

 Nel Wabi-Sabi, ciò che è incompleto o deteriorato non viene visto come difetto, ma come parte essenziale della bellezza stessa. Un esempio è la pratica del kintsugi, la riparazione degli oggetti rotti con l’oro, che enfatizza le crepe anziché nasconderle.

Così le crepe di un vaso, le sfumature di un muro invecchiato, le foglie ingiallite in autunno non sono segni di degrado, ma di un’armonia più profonda con il ciclo naturale dell’esistenza.

Per tornare all’installazione di Anselm Kiefer  queste torri, apparentemente instabili e segnate dal tempo, incarnano in un certo senso la stessa filosofia del Wabi-Sabi:

- Imperfezione: le strutture non sono lisce né simmetriche, ma segnate da fratture e sbilanciamenti.

-Transitorietà: il cemento e il piombo non sono materiali immutabili; al contrario, si deteriorano, assumono nuove patine e si modificano nel tempo.

- Natura incompleta: le torri sembrano ruderi di un’antica città, non costruzioni finite, suggerendo un senso di fragilità e precarietà.

Le torri di Kiefer non cercano la solidità, ma abbracciano la rovina come condizione inevitabile dell’esistenza umana e l’imperfezione diventa bellezza e significato.

Kiefer adotta un approccio simile, scegliendo materiali destinati a deteriorarsi:

- Il piombo, pesante, opprimente, ma anche malleabile, quasi vivo nella sua trasformazione che ossida e cambia colore, è uno dei suoi elementi distintivi.

- Il cemento, grezzo e incompiuto, evoca la precarietà delle costruzioni umane e il loro inevitabile declino.

- La cenere, utilizzata in molte sue opere, simboleggia il passaggio del tempo e la distruzione che porta alla rinascita.

Come nel Wabi-Sabi, questi materiali non sono scelti per la loro durata, ma per la loro capacità di raccontare il tempo e il decadimento: essi non cercano la perfezione, ma testimoniano la transitorietà dell’umanità e della sua aspirazione verso il trascendente. 
Kiefer utilizzando materiali che si deteriorano nel tempo, sottolinea la precarietà della memoria e il peso della storia e della memoria collettiva, spesso legate alla Seconda Guerra Mondiale e alla distruzione della cultura europea.

Ma invece di rappresentare il passato in modo statico, Kiefer lo trasforma in un processo continuo di erosione e rinascita, come fa la natura con gli oggetti esposti agli elementi, rappresentando anche la possibilità di una rinascita attraverso la conoscenza e l’arte. 

Nel mondo contemporaneo, dove la tecnologia e l’arte digitale tendono a cancellare le tracce del tempo, il Wabi-Sabi e l’opera di Kiefer ci ricordano che la bellezza più autentica è quella che porta i segni del vissuto. La vera arte non è ciò che sfida il tempo, ma ciò che lo accoglie e lo celebra, trasformando la fragilità in forza, la rovina in poesia.

Ferite che parlano, materia che passa: Alberto Burri e Berlinde De Bruyckere tra arte e impermanenza

Questo articolo propone una lettura comparativa tra l’opera di Alberto Burri e quella di Berlinde De Bruyckere alla luce del concetto di imp...