L’installazione di Anselm Kiefer “I Sette Palazzi Celesti” ospitati stabilmente presso l’Hangar Bicocca di Milano - si ispira ai sette palazzi descritti nello Sefer Hechalot un antico testo esoterico ebraico che narra del viaggio dell’anima attraverso sette livelli di conoscenza fino a raggiungere il divino.
Tuttavia, le torri di Kiefer non
appaiono come strutture eterne e perfette, ma piuttosto come rovinate,
incomplete, fragili. Forse la sua opera più iconica - gigantesca installazione
di torri di cemento e piombo- evoca anche le rovine industriali e le civiltà
scomparse e offre una profonda meditazione sull'impermanenza. Profondamente
legata al concetto buddhista mujō, secondo cui nulla è eterno e ogni
cosa è destinata a trasformarsi, questa astrazione è radicata
soprattutto nel pensiero estetico buddhista zen.
Questa estetica si manifesta in molte espressioni della
cultura giapponese, dalla cerimonia del tè alla ceramica raku, dalla poesia
haiku alla pittura sumi-e: tutte manifestazioni artistiche accumunate dal concetto
profondo del Wabi-Sabi. Il
concetto di Wabi-Sabi è intrinsecamente legato all’impermanenza. Il termine
deriva da due parole giapponesi:
- Wabi, che originariamente indicava la solitudine
e la semplicità, ma che nel tempo ha acquisito una connotazione di bellezza
austera e profonda spiritualità.
- Sabi, che si riferisce al passare del tempo e
alla patina che questo lascia sugli oggetti, rendendoli più preziosi proprio in
virtù della loro età e decadimento.
Nel Wabi-Sabi, ciò che è
incompleto o deteriorato non viene visto come difetto, ma come parte essenziale
della bellezza stessa. Un esempio è la pratica del kintsugi, la
riparazione degli oggetti rotti con l’oro, che enfatizza le crepe anziché
nasconderle.
Così le crepe di un vaso, le sfumature di un muro
invecchiato, le foglie ingiallite in autunno non sono segni di degrado, ma di
un’armonia più profonda con il ciclo naturale dell’esistenza.
Per tornare all’installazione di Anselm Kiefer queste torri, apparentemente instabili e
segnate dal tempo, incarnano in un certo senso la stessa filosofia del
Wabi-Sabi:
- Imperfezione: le strutture non sono lisce né simmetriche, ma
segnate da fratture e sbilanciamenti.
-Transitorietà: il cemento e il piombo non sono materiali
immutabili; al contrario, si deteriorano, assumono nuove patine e si modificano
nel tempo.
- Natura incompleta: le torri sembrano ruderi di un’antica città,
non costruzioni finite, suggerendo un senso di fragilità e precarietà.
Le torri di Kiefer non cercano la solidità, ma abbracciano la
rovina come condizione inevitabile dell’esistenza umana e l’imperfezione
diventa bellezza e significato.
Kiefer adotta un approccio simile, scegliendo materiali destinati
a deteriorarsi:
- Il piombo, pesante, opprimente, ma anche malleabile, quasi vivo
nella sua trasformazione che ossida e cambia colore, è uno dei suoi elementi
distintivi.
- Il cemento, grezzo e incompiuto, evoca la precarietà delle
costruzioni umane e il loro inevitabile declino.
- La cenere, utilizzata in molte sue opere, simboleggia il
passaggio del tempo e la distruzione che porta alla rinascita.
Come nel Wabi-Sabi, questi materiali non sono scelti per la loro
durata, ma per la loro capacità di raccontare il tempo e il decadimento: essi
non cercano la perfezione, ma testimoniano la transitorietà dell’umanità e
della sua aspirazione verso il trascendente.
Kiefer utilizzando materiali che si deteriorano nel tempo, sottolinea la
precarietà della memoria e il peso della storia e della memoria collettiva,
spesso legate alla Seconda Guerra Mondiale e alla distruzione della cultura
europea.
Ma invece di rappresentare il passato in modo statico, Kiefer lo
trasforma in un processo continuo di erosione e rinascita, come fa la natura
con gli oggetti esposti agli elementi, rappresentando anche la possibilità di
una rinascita attraverso la conoscenza e l’arte.
Nel mondo contemporaneo, dove la tecnologia e l’arte digitale
tendono a cancellare le tracce del tempo, il Wabi-Sabi e l’opera di Kiefer ci
ricordano che la bellezza più autentica è quella che porta i segni del vissuto.
La vera arte non è ciò che sfida il tempo, ma ciò che lo accoglie e lo celebra,
trasformando la fragilità in forza, la rovina in poesia.
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