David Bowie, figura camaleontica e geniale, ha sempre
dimostrato un'attenzione particolare alla critica sociale e culturale,
esplorando con i suoi lavori artistici tematiche legate all'identità, alla
tecnologia, al potere e al mondo dell'arte contemporanea e alla sua crescente
decadenza.
Ha spesso intrecciato la sua carriera musicale con altre
forme d'arte, creando una rete di riferimenti che vanno ben oltre la musica.
Tra i tanti progetti e tematiche affrontate da Bowie, uno dei più enigmatici e
concettualmente provocatori è il personaggio di Nathan Adler e i suoi diari,
presentati nel suo album 1. Outside .
Questo lavoro, frutto della collaborazione con il produttore
Brian Eno, rappresenta una riflessione complessa e stratificata sul sistema
dell'arte contemporanea, sui suoi limiti, le sue pretese e il ruolo
dell'artista come figura profetica e al contempo dissacrante.
Il contesto
1.Outside si inserisce in una fase della carriera di
Bowie in cui l'artista sperimenta con il concetto di "arte totale".
Pubblicato nel 1995, il disco è una sorta di opera rock futuristica in cui si
fondono musica, narrazione e performance concettuale. I testi si basano sui
cosiddetti "diari di Nathan Adler", un personaggio immaginario creato
da Bowie, descritto come un investigatore che lavora su casi di "arte del
crimine". La trama ruota intorno a un omicidio rituale e all'idea che, in
un futuro distopico, l'arte contemporanea ha superato i limiti dell'omicidio e
della legalità per diventare una forma di trasgressione estrema, in cui la
creazione di opere passa attraverso atti di violenza o distruzione.
Nathan Adler è il narratore della storia, un personaggio
ambiguo, a metà tra il critico e il detective, il cui ruolo è indagare il
"crimine dell'arte". Attraverso i suoi diari, Bowie critica i
meccanismi dell'arte contemporanea, svelandone i paradossi. In questa cornice,
l'omicidio diventa una metafora dell'arte stessa: un atto di rottura radicale,
ma anche una provocazione che obbliga lo spettatore a interrogarsi sui confini
tra creazione, etica e significato.
La critica al sistema dell'arte contemporanea
Con il progetto di 1. Outside , Bowie mette in
discussione il sistema dell'arte contemporanea e il suo rapporto con
l'industria culturale. Il personaggio di Adler e il concetto di "arte del
crimine" riflettono l'ossessione per la novità e la trasgressione che
spesso caratterizza il mondo dell'arte, dove ciò che è scioccante o
provocatorio viene valorizzato più del contenuto estetico o concettuale
dell'opera. stessa. Bowie esplora l'idea che l'arte sia diventata uno
spettacolo, in cui la provocazione serve principalmente ad ottenere attenzione
e legittimazione.
La struttura distopica della storia di 1. Outside è
una caricatura estrema, ma non lontana dalla realtà di certi fenomeni del mondo
dell'arte contemporanea. Negli anni '90, periodo in cui l'album venne
pubblicato, il sistema dell'arte si trovava in una fase di forte
commercializzazione, con artisti come Damien Hirst che ridefinivano i limiti
dell'arte con opere provocatorie, spesso critiche per il loro opportunismo.
Bowie, attraverso il suo lavoro, mette in luce come l'arte contemporanea sembri
aver bisogno di scioccare per rimanere rilevante, spingendo il pubblico a
chiedersi fino a che punto un'opera debba essere considerata arte, e quale sia
il ruolo dell'artista in questo sistema.
Il ruolo dell'artista e la perdita di senso
Un tema centrale dei diari di Nathan Adler è la figura
dell'artista come "profeta" e al contemporaneo
"truffatore". Bowie sembra suggerire che l'artista contemporaneo si
trova a oscillare tra il ruolo di creatore autentico e quello di manipolatore
che sfrutta i meccanismi del mercato per ottenere successo. In 1. Outside
, l'arte non è più una ricerca di verità o bellezza, ma un mezzo per ottenere
visibilità e consenso. Il personaggio di Adler e il suo diario esprimono questo
dilemma, sottolineando come l'arte sia diventata un campo di battaglia in cui
il significato viene sacrificato sull'altare della spettacolarizzazione.
Bowie, che nella sua carriera ha sempre giocato con
l'identità e il ruolo dell'artista, sembra usare Adler come alter ego per
esplorare le sue stesse preoccupazioni sul senso della creazione artistica.
L'intero progetto di 1. Outside può essere visto come una riflessione meta
testuale: Bowie non solo critica il mondo dell'arte, ma si pone anche la
domanda su quale sia il valore del proprio lavoro in un sistema che premia il
sensazionalismo.
La narrazione frammentaria come metafora dell'incertezza
Dal punto di vista narrativo, i diari di Nathan Adler sono
scritti in modo frammentario, con un linguaggio criptico e spesso incoerente.
Questo stile rispecchia l'incertezza e il caos del mondo che Bowie descrive. La
frammentarietà della narrazione riflette anche il modo in cui l'arte
contemporanea spesso si presenta: ambigua, difficilmente decifrabile, e aperta
a infinite interpretazioni.
La scelta di utilizzare una struttura narrativa non lineare,
che combina testo, musica e visualità, permette a Bowie di creare un'esperienza
immersiva e totalizzante. Lo spettatore/ascoltatore diventa parte del processo
di interpretazione, costretto a confrontarsi con domande che non hanno una
risposta semplice. In questo senso, i diari di Nathan Adler non sono
solo un mezzo narrativo, ma anche un dispositivo critico che sfida il pubblico
a riflettere sul ruolo dell'arte e dell'artista.
Ma è attraverso il video di Hearts Filthy Lesson
(1995), che offre una delle più potenti
e oscure riflessioni sulla condizione dell'arte contemporanea. Attraverso
un'estetica disturbante e simbolica, il video esplora il confine tra arte,
ossessione e distruzione, rappresentando una critica profonda al sistema
dell'arte moderna e alla sua degenerazione in rituali vuoti e autoreferenziali.
Diretto da Samuel Bayer, il video presenta un ambiente
degradato, quasi post-apocalittico, abitato da personaggi eccentrici, artisti
marginali e pratiche che evocano sacrifici e riti oscuri. In questo spazio
decadente, l'arte non è più un mezzo per trascendere la realtà, ma piuttosto un
riflesso della corruzione e della confusione della società contemporanea. La
presenza di sangue, carne e materiali corporei nel video sottolinea il
carattere fisico e ossessivo dell'atto creativo, quasi come se Bowie volesse
dichiarare che l'arte contemporanea è diventata una pratica violenta e
autolesionista, un'autopsia condotta su un corpo culturale già morto.
La rappresentazione del processo artistico nel video è
profondamente ritualizzata. Gli artisti sembrano preda di ossessioni e pratiche
che ricordano antichi riti sacrificali. Questo rimanda all'idea che, nel mondo
contemporaneo, l'arte sia diventata una sorta di religione alternativa, ma con
una spiritualità corrotta. L'artista moderno, secondo questa visione, è un
sacerdote decaduto che opera in un sistema vuoto, consumato
dall'autocelebrazione e dalla ricerca della novità a tutti i costi.
La critica al sistema dell'arte contemporanea
"Hearts Filthy Lesson" riflette una visione
profondamente critica del sistema dell'arte contemporanea. Nel corso del XX
secolo, l'arte si è progressivamente spostata da un contesto in cui la
creazione aveva un valore intrinseco a un sistema dominato dal mercato, dalla
spettacolarizzazione e dalla ricerca ossessiva del nuovo. Bowie sembra porre
l'accento su come l'arte sia diventata una merce, un prodotto confezionato per
un'élite di collezionisti, galleristi e critici, svuotata di significato autentico.
Il riferimento al "filthy lecture" – la
"lezione sporca" – può essere interpretato come una critica al
compromesso morale ed etico che molti artisti e operatori culturali accettano
per sopravvivere in un sistema che premia il sensazionalismo e la provocazione
fine a sé stessa. Il mondo dell'arte contemporanea, nel video, appare come un
ambiente insincero, dove la creatività autentica è sacrificata sull'altare del
profitto e della celebrità. Gli artisti, come mostrato nel video, sembrano
essere intrappolati in un ciclo ripetitivo di creazione e distruzione, senza
uno scopo reale, ma mossi da impulsi ossessivi e dall'influenza di un sistema
che non lascia spazio all'individualità.
La relazione con le teorie sull'arte postmoderna
L'analisi del video non può prescindere da un confronto con
alcune teorie critiche sull'arte postmoderna. Jean Baudrillard, con la sua idea
di iperrealtà, descrive un mondo in cui la realtà è sostituita da simulacri:
rappresentazioni che non hanno più un legame autentico con ciò che
rappresentano. Questo concetto si applica perfettamente al sistema dell'arte
contemporanea, dove il valore di un'opera è spesso determinato dalla sua
visibilità mediatica o dal contesto sociale in cui è inserito, piuttosto che dal
suo significato intrinseco. Bowie, attraverso il video, sembra incarnare questa
critica, mostrando un mondo artistico che è diventato una caricatura di sé
stesso, incapace di produrre qualcosa di veramente autentico.
Un altro riferimento teorico rilevante è quello di Arthur
Danto, che nel suo libro The End of Art sostiene che l'arte, dopo la sua
emancipazione concettuale, ha smesso di avere un obiettivo specifico, divenendo
un territorio aperto e privo di confini. Nel video di Bowie, questa "morte
dell'arte" si manifesta come un caos visivo e narrativo: i confini tra
artista, opera e pubblico si dissolvono, lasciando spazio a un rituale
inquietante che sembra annunciare non solo la fine dell'arte, ma anche della
sua capacità di significare.
La figura dell'artista nel video
Bowie stesso appare nel video come una figura centrale, ma
non come il creatore onnipotente che controlla il processo artistico. Al
contrario, egli sembra essere una vittima del sistema che critica, un
osservatore intrappolato in un mondo che non può cambiare. Il suo personaggio
si muove in mezzo a una scena di caos e decadenza, rappresentando forse
l'artista moderno, consapevole del fallimento del sistema ma impotente di
fronte alla sua forza oppressiva. Questa rappresentazione riflette una tensione
esistenziale che permea gran parte dell'opera di Bowie, la lotta tra il
desiderio di autenticità e la necessità di confrontarsi con le strutture
sociali e culturali del proprio tempo.
Tuttavia, l'analisi
del video si arricchisce ulteriormente se lo mettiamo in relazione con il
romanzo settecentesco L'omicidio come forma d'arte ( Murder as a Fine
Art ) di Thomas De Quincey, un'opera che esamina il legame tra violenza,
estetica e perversione, ponendo domande fondamentali su cosa possa essere
considerata "arte" e quali siano i suoi limiti morali.
Questa connessione tematica, che lega il video di Bowie al
romanzo, apre uno spazio di riflessione ancora più ampio sulla natura dell'arte
come gesto provocatorio, sul potere simbolico del sangue e della morte e sul
fascino perverso dell'oscurità come ispirazione artistica.
La violenza rituale come atto artistico
Il romanzo di De Quincey, pubblicato nel 1827, è una
provocatoria riflessione sul modo in cui la violenza può essere considerata una
forma d'arte. In esso, l'autore descrive con un linguaggio estetizzante i
delitti della famiglia Williams, soffermandosi sui dettagli dei loro crimini
come se fossero opere d'arte da analizzare e contemplare. De Quincey non
intende glorificare l'omicidio, ma piuttosto esplora il confine ambiguo tra
moralità e estetica, tra l'orrore e il fascino. Questa tensione tematica è centrale
anche nel video di Bowie, che raffigura un mondo degradato in cui l'arte stessa
si è trasformata in un atto violento e brutale, un rituale di sacrificio.
Nel video, il processo creativo è rappresentato come un atto
che coinvolge sangue, carne e simboli di morte, richiamando direttamente
l'estetizzazione della violenza presente nel romanzo di De Quincey. L'ambiente
decadente e ritualistico, popolato da figure disturbanti e marginali,
suggerisce che l'arte ha smesso di essere uno spazio per la bellezza o per il
trascendimento spirituale, per trasformarsi invece in un atto crudele, fisico e
viscerale. Questo riflette l'idea che l'artista, nel sistema contemporaneo,
deve "uccidere" qualcosa – simbolicamente o materialmente – per
creare un'opera che catturi l'attenzione.
Come De Quincey mette in scena l'omicidio come una forma
d'arte, Bowie sembra suggerire che il sistema dell'arte contemporanea abbia un
rapporto altrettanto perverso con la violenza e la distruzione. Nel suo video,
la creazione artistica non è un processo puro, ma piuttosto un atto di
disfacimento, che comporta il sacrificio dell'autenticità in favore di qualcosa
di più spettacolare e sensazionale.
Arte, perversione e spettacolarizzazione
Un tema cruciale che collega il romanzo e il video è la
spettacolarizzazione della violenza. De Quincey, nel suo saggio ironico e
provocatorio, suggerisce che l'umanità fornisce un certo tipo di attrazione per
l'orrore, soprattutto quando viene presentato attraverso una lente estetica.
Questo è esattamente ciò che accade nel mondo dell'arte contemporanea criticata
da Bowie: un sistema che premia il sensazionalismo e la provocazione sopra il
significato intrinseco. La ricerca della novità, dell'eccesso e dello shock
diventa il motore principale della produzione artistica, trasformando l'arte in
un'esperienza voyeuristica.
Nel video di Hearts Filthy Lesson , questa idea si
manifesta attraverso la rappresentazione di un mondo artistico in cui ogni atto
creativo è intrinsecamente legato alla violenza e al degrado. Gli artisti ei
personaggi che popolano il video sembrano essere ridotti a strumenti di un rituale
che non serve più a comunicare, ma solo a esporre, scioccando il pubblico.
Questo richiama direttamente l'ironia di De Quincey, che mette in discussione
il modo in cui il pubblico sia disposto a trasformare l'orrore in intrattenimento
e l'arte in una perversione.
Il sacrificio come metafora dell'arte moderna
Un altro legame significativo tra il romanzo e il video è la
centralità del sacrificio come elemento creativo. In L'omicidio come forma
d'arte , De Quincey descrive l'atto dell'omicidio come un processo
deliberato e ritualizzato, che richiede pianificazione e attenzione ai
dettagli, proprio come un'opera d'arte. Allo stesso modo, nel video di Bowie,
il sacrificio sembra essere il cuore del processo artistico. Il sangue e la
carne diventano metafore per il prezzo che l'artista deve pagare per creare
qualcosa di nuovo all'interno di un sistema corrotto e consumato.
Questo tema del sacrificio si collega anche alla figura
dell'artista moderno, che Bowie rappresenta come una vittima del sistema
dell'arte contemporanea. Proprio come l'omicida di De Quincey, l'artista nel
video è intrappolato in un ciclo ossessivo in cui deve continuamente spingersi
oltre i limiti morali e creativi per soddisfare le richieste di un pubblico
sempre più insaziabile e di un mercato sempre più vorace.
Questa rappresentazione richiama non solo la critica al
sistema dell'arte contemporanea, ma dialoga anche con pratiche storiche che
hanno cercato di rompere i confini tradizionali dell'espressione artistica. Tra
queste, un punto di riferimento fondamentale è rappresentato dall'Azionismo
Viennese, un movimento artistico sviluppatosi negli anni Sessanta, che si
caratterizza per l'uso del corpo come strumento principale di espressione e per
l'utilizzo rituale di materiali come il sangue. Collegare il video di Bowie
all'Azionismo Viennese permette di approfondire ulteriormente la riflessione
sul ruolo del rituale, del sacrificio e della violenza nell'arte, ponendola in
un contesto storico e filosofico più ampio.
Il rituale come performance: il legame con l'Azionismo
Viennese
L'Azionismo Viennese, movimento artistico radicale nato in
Austria negli anni Sessanta, fu caratterizzato da performance estremamente
provocatorie e spesso violente, in cui il corpo, i fluidi corporei (in
particolare il sangue) e l'uso del sacrificio ritualistico erano centrali.
Artisti come Günter Brus, Hermann Nitsch, Rudolf Schwarzkogler e Otto Muehl
esploravano i limiti dell'arte attraverso atti che includevano automutilazioni,
lacerazioni e rappresentazioni simboliche di sacrifici. Per questi artisti, il
rituale e l'uso di materiali organici non erano fine a sé stessi, ma avevano un
profondo significato: rappresentare il dolore, la sofferenza e la fragilità
della condizione umana, decostruendo l'idea dell'arte come un'esperienza
estetica puramente visiva e cercando di coinvolgere il pubblico in
un'esperienza multisensoriale e destabilizzante.
Nel video di Hearts Filthy Lesson , diretto da Samuel
Bayer, troviamo un'eco visiva e concettuale di queste pratiche. Bowie e i
personaggi che abitano lo spazio decadente rappresentano figure che sembrano
impegnati in un rito artistico-ritualistico, in cui materiali corporei e
simboli di morte diventano centrali. L'uso del sangue come elemento estetico e
simbolico richiama direttamente le performance di Hermann Nitsch, il quale nei
suoi Teatro delle Orge e dei Misteri ( Orgien Mysterien Theatre )
utilizzava grandi quantità di liquido ematico e carcasse animali per evocare
una connessione primitiva con la vita e la morte. Nitsch, in particolare,
concepiva i suoi rituali come una forma di catarsi collettiva, una sorta di
purificazione spirituale attraverso la rappresentazione della crudeltà e della
morte.
Il video di Bowie, con le sue atmosfere industriali e
degradate, trasforma questa estetica in un'ambientazione postmoderna: il
sacrificio rituale non è più uno strumento di purificazione, ma un simbolo
della corruzione del sistema dell'arte. In questo senso, Bowie capovolge l'idea
centrale dell'Azionismo Viennese, trasformando il rituale in una critica della
perdita di autenticità e spiritualità sembra nell'arte contemporanea.
Altro tema interessante è l'intersezione tra arte
performativa estrema e narrazione musicale si trova in un territorio dove il
corpo diventa linguaggio e la società viene decostruita e ricomposta attraverso
il simbolismo e la provocazione. In questo contesto, il lavoro di Ron Athey e
il concept dei "diari di Nathan Adler" di David Bowie si situano come
due espressioni di una stessa esigenza: spingersi oltre i limiti convenzionali
dell'arte per esplorare il disagio umano, la politica dell' identità e le possibilità
della trasformazione. Entrambi combattono all'interno di una dimensione
liminale, in cui il confine tra il reale e il metaforico, il personale e il
sociale, si dissolvono.
Ron Athey: il corpo come campo di battaglia
Ron Athey è uno degli artisti performativi più radicali e
discussi degli ultimi decenni. La sua arte si basa sull'uso del corpo come
medium primario per esplorare temi come il trauma, la spiritualità, l'identità
sessuale e la malattia. Nato nel 1961 in California, Athey è cresciuto in una
famiglia pentecostale e ha vissuto una serie di esperienze traumatiche che
hanno profondamente influenzato la sua poetica. La sua pratica artistica,
fortemente influenzata dalla sottocultura queer e dal suo status di uomo sieropositivo,
si caratterizza per l'utilizzo di tecniche estreme, come il piercing, il taglio
e la manipolazione del sangue, che mettono in discussione il rapporto tra il
pubblico e il performer, tra il sacro e il profano.
Opere come "Martyrs and Saints" (1992) e
"Incorruptible Flesh" (1996) sono esempi di come Athey utilizza il
proprio corpo per raccontare storie collettive di oppressione e resistenza.
Attraverso immagini viscerali e rituali, egli trasforma il dolore personale in
una performance catartica che costringe il pubblico a confrontarsi con la
debolezza umana e le norme sociali. La sua arte non è solo una provocazione, ma
un mezzo per sfidare le convenzioni e rivelare ciò che la società preferisce
nascondere.
A livello tematico, Athey affronta le questioni che si
intrecciano profondamente con le idee di David Bowie nei "diari di Nathan
Adler", in particolare la tensione tra identità individuale e collettiva,
il rapporto tra tecnologia e umanità, e il ruolo dell'artista come figura
liminale che opera ai margini della società.
Come Athey, Bowie esplora l'idea del corpo come spazio di
trasformazione e trasgressione. Nei diari di Nathan Adler, i "crimini
artistici" non sono solo atti violenti, ma anche espressioni di un
desiderio di trascendere i limiti dell'umanità attraverso la creazione e la
distruzione. Questo tema è particolarmente evidente nella figura di Baby Grace
Blue, una delle vittime dei crimini rituali, il cui corpo diventa un'opera
d'arte.
Connessioni tematiche: l'arte come trasgressione
Nonostante le evidenti differenze stilistiche tra Ron Athey
e David Bowie, entrambi condividono una visione dell'arte come atto
trasgressivo e trasformativo. Nei lavori di Athey, il corpo diventa un
palinsesto su cui si scrivono storie di dolore, resistenza e rinascita. Nei
diari di Nathan Adler, l'arte si trasforma in un atto di ribellione contro un
sistema distopico e oppressivo. In entrambi i casi, l'artista si pone come
figura liminale, un intermediario tra il sacro e il profano, tra la società e
l'individuo.
Un altro punto di contatto è la riflessione sulla tecnologia
e sul suo impatto sull'identità umana. Bowie, nei "diari di Nathan
Adler", immagina un futuro in cui la tecnologia ha alterato il modo in cui
le persone si relazionano all'arte e alla realtà. Athey, d'altra parte, esplora
il corpo umano come una macchina biologica che può essere manipolata e
trasformata per sfidare le norme sociali. Entrambi affrontano la questione
dell'autenticità e della simulazione, mettendo in discussione cosa significa
essere umano in un mondo in rapido cambiamento.