sabato 18 gennaio 2025

1.Outside e altre storie




David Bowie, figura camaleontica e geniale, ha sempre dimostrato un'attenzione particolare alla critica sociale e culturale, esplorando con i suoi lavori artistici tematiche legate all'identità, alla tecnologia, al potere e al mondo dell'arte contemporanea e alla sua crescente decadenza.

Ha spesso intrecciato la sua carriera musicale con altre forme d'arte, creando una rete di riferimenti che vanno ben oltre la musica. Tra i tanti progetti e tematiche affrontate da Bowie, uno dei più enigmatici e concettualmente provocatori è il personaggio di Nathan Adler e i suoi diari, presentati nel suo album 1. Outside .

Questo lavoro, frutto della collaborazione con il produttore Brian Eno, rappresenta una riflessione complessa e stratificata sul sistema dell'arte contemporanea, sui suoi limiti, le sue pretese e il ruolo dell'artista come figura profetica e al contempo dissacrante.

Il contesto

1.Outside si inserisce in una fase della carriera di Bowie in cui l'artista sperimenta con il concetto di "arte totale". Pubblicato nel 1995, il disco è una sorta di opera rock futuristica in cui si fondono musica, narrazione e performance concettuale. I testi si basano sui cosiddetti "diari di Nathan Adler", un personaggio immaginario creato da Bowie, descritto come un investigatore che lavora su casi di "arte del crimine". La trama ruota intorno a un omicidio rituale e all'idea che, in un futuro distopico, l'arte contemporanea ha superato i limiti dell'omicidio e della legalità per diventare una forma di trasgressione estrema, in cui la creazione di opere passa attraverso atti di violenza o distruzione.

Nathan Adler è il narratore della storia, un personaggio ambiguo, a metà tra il critico e il detective, il cui ruolo è indagare il "crimine dell'arte". Attraverso i suoi diari, Bowie critica i meccanismi dell'arte contemporanea, svelandone i paradossi. In questa cornice, l'omicidio diventa una metafora dell'arte stessa: un atto di rottura radicale, ma anche una provocazione che obbliga lo spettatore a interrogarsi sui confini tra creazione, etica e significato.

La critica al sistema dell'arte contemporanea

Con il progetto di 1. Outside , Bowie mette in discussione il sistema dell'arte contemporanea e il suo rapporto con l'industria culturale. Il personaggio di Adler e il concetto di "arte del crimine" riflettono l'ossessione per la novità e la trasgressione che spesso caratterizza il mondo dell'arte, dove ciò che è scioccante o provocatorio viene valorizzato più del contenuto estetico o concettuale dell'opera. stessa. Bowie esplora l'idea che l'arte sia diventata uno spettacolo, in cui la provocazione serve principalmente ad ottenere attenzione e legittimazione.

La struttura distopica della storia di 1. Outside è una caricatura estrema, ma non lontana dalla realtà di certi fenomeni del mondo dell'arte contemporanea. Negli anni '90, periodo in cui l'album venne pubblicato, il sistema dell'arte si trovava in una fase di forte commercializzazione, con artisti come Damien Hirst che ridefinivano i limiti dell'arte con opere provocatorie, spesso critiche per il loro opportunismo. Bowie, attraverso il suo lavoro, mette in luce come l'arte contemporanea sembri aver bisogno di scioccare per rimanere rilevante, spingendo il pubblico a chiedersi fino a che punto un'opera debba essere considerata arte, e quale sia il ruolo dell'artista in questo sistema.

Il ruolo dell'artista e la perdita di senso

Un tema centrale dei diari di Nathan Adler è la figura dell'artista come "profeta" e al contemporaneo "truffatore". Bowie sembra suggerire che l'artista contemporaneo si trova a oscillare tra il ruolo di creatore autentico e quello di manipolatore che sfrutta i meccanismi del mercato per ottenere successo. In 1. Outside , l'arte non è più una ricerca di verità o bellezza, ma un mezzo per ottenere visibilità e consenso. Il personaggio di Adler e il suo diario esprimono questo dilemma, sottolineando come l'arte sia diventata un campo di battaglia in cui il significato viene sacrificato sull'altare della spettacolarizzazione.

Bowie, che nella sua carriera ha sempre giocato con l'identità e il ruolo dell'artista, sembra usare Adler come alter ego per esplorare le sue stesse preoccupazioni sul senso della creazione artistica. L'intero progetto di 1. Outside può essere visto come una riflessione meta testuale: Bowie non solo critica il mondo dell'arte, ma si pone anche la domanda su quale sia il valore del proprio lavoro in un sistema che premia il sensazionalismo.

La narrazione frammentaria come metafora dell'incertezza

Dal punto di vista narrativo, i diari di Nathan Adler sono scritti in modo frammentario, con un linguaggio criptico e spesso incoerente. Questo stile rispecchia l'incertezza e il caos del mondo che Bowie descrive. La frammentarietà della narrazione riflette anche il modo in cui l'arte contemporanea spesso si presenta: ambigua, difficilmente decifrabile, e aperta a infinite interpretazioni.

La scelta di utilizzare una struttura narrativa non lineare, che combina testo, musica e visualità, permette a Bowie di creare un'esperienza immersiva e totalizzante. Lo spettatore/ascoltatore diventa parte del processo di interpretazione, costretto a confrontarsi con domande che non hanno una risposta semplice. In questo senso, i diari di Nathan Adler non sono solo un mezzo narrativo, ma anche un dispositivo critico che sfida il pubblico a riflettere sul ruolo dell'arte e dell'artista.

Ma è attraverso il video di Hearts Filthy Lesson (1995),  che offre una delle più potenti e oscure riflessioni sulla condizione dell'arte contemporanea. Attraverso un'estetica disturbante e simbolica, il video esplora il confine tra arte, ossessione e distruzione, rappresentando una critica profonda al sistema dell'arte moderna e alla sua degenerazione in rituali vuoti e autoreferenziali.

Diretto da Samuel Bayer, il video presenta un ambiente degradato, quasi post-apocalittico, abitato da personaggi eccentrici, artisti marginali e pratiche che evocano sacrifici e riti oscuri. In questo spazio decadente, l'arte non è più un mezzo per trascendere la realtà, ma piuttosto un riflesso della corruzione e della confusione della società contemporanea. La presenza di sangue, carne e materiali corporei nel video sottolinea il carattere fisico e ossessivo dell'atto creativo, quasi come se Bowie volesse dichiarare che l'arte contemporanea è diventata una pratica violenta e autolesionista, un'autopsia condotta su un corpo culturale già morto.

La rappresentazione del processo artistico nel video è profondamente ritualizzata. Gli artisti sembrano preda di ossessioni e pratiche che ricordano antichi riti sacrificali. Questo rimanda all'idea che, nel mondo contemporaneo, l'arte sia diventata una sorta di religione alternativa, ma con una spiritualità corrotta. L'artista moderno, secondo questa visione, è un sacerdote decaduto che opera in un sistema vuoto, consumato dall'autocelebrazione e dalla ricerca della novità a tutti i costi.

La critica al sistema dell'arte contemporanea

"Hearts Filthy Lesson" riflette una visione profondamente critica del sistema dell'arte contemporanea. Nel corso del XX secolo, l'arte si è progressivamente spostata da un contesto in cui la creazione aveva un valore intrinseco a un sistema dominato dal mercato, dalla spettacolarizzazione e dalla ricerca ossessiva del nuovo. Bowie sembra porre l'accento su come l'arte sia diventata una merce, un prodotto confezionato per un'élite di collezionisti, galleristi e critici, svuotata di significato autentico.

Il riferimento al "filthy lecture" – la "lezione sporca" – può essere interpretato come una critica al compromesso morale ed etico che molti artisti e operatori culturali accettano per sopravvivere in un sistema che premia il sensazionalismo e la provocazione fine a sé stessa. Il mondo dell'arte contemporanea, nel video, appare come un ambiente insincero, dove la creatività autentica è sacrificata sull'altare del profitto e della celebrità. Gli artisti, come mostrato nel video, sembrano essere intrappolati in un ciclo ripetitivo di creazione e distruzione, senza uno scopo reale, ma mossi da impulsi ossessivi e dall'influenza di un sistema che non lascia spazio all'individualità.

La relazione con le teorie sull'arte postmoderna

L'analisi del video non può prescindere da un confronto con alcune teorie critiche sull'arte postmoderna. Jean Baudrillard, con la sua idea di iperrealtà, descrive un mondo in cui la realtà è sostituita da simulacri: rappresentazioni che non hanno più un legame autentico con ciò che rappresentano. Questo concetto si applica perfettamente al sistema dell'arte contemporanea, dove il valore di un'opera è spesso determinato dalla sua visibilità mediatica o dal contesto sociale in cui è inserito, piuttosto che dal suo significato intrinseco. Bowie, attraverso il video, sembra incarnare questa critica, mostrando un mondo artistico che è diventato una caricatura di sé stesso, incapace di produrre qualcosa di veramente autentico.

Un altro riferimento teorico rilevante è quello di Arthur Danto, che nel suo libro The End of Art sostiene che l'arte, dopo la sua emancipazione concettuale, ha smesso di avere un obiettivo specifico, divenendo un territorio aperto e privo di confini. Nel video di Bowie, questa "morte dell'arte" si manifesta come un caos visivo e narrativo: i confini tra artista, opera e pubblico si dissolvono, lasciando spazio a un rituale inquietante che sembra annunciare non solo la fine dell'arte, ma anche della sua capacità di significare.

La figura dell'artista nel video

Bowie stesso appare nel video come una figura centrale, ma non come il creatore onnipotente che controlla il processo artistico. Al contrario, egli sembra essere una vittima del sistema che critica, un osservatore intrappolato in un mondo che non può cambiare. Il suo personaggio si muove in mezzo a una scena di caos e decadenza, rappresentando forse l'artista moderno, consapevole del fallimento del sistema ma impotente di fronte alla sua forza oppressiva. Questa rappresentazione riflette una tensione esistenziale che permea gran parte dell'opera di Bowie, la lotta tra il desiderio di autenticità e la necessità di confrontarsi con le strutture sociali e culturali del proprio tempo.

 Tuttavia, l'analisi del video si arricchisce ulteriormente se lo mettiamo in relazione con il romanzo settecentesco L'omicidio come forma d'arte ( Murder as a Fine Art ) di Thomas De Quincey, un'opera che esamina il legame tra violenza, estetica e perversione, ponendo domande fondamentali su cosa possa essere considerata "arte" e quali siano i suoi limiti morali.

Questa connessione tematica, che lega il video di Bowie al romanzo, apre uno spazio di riflessione ancora più ampio sulla natura dell'arte come gesto provocatorio, sul potere simbolico del sangue e della morte e sul fascino perverso dell'oscurità come ispirazione artistica.

 

La violenza rituale come atto artistico

Il romanzo di De Quincey, pubblicato nel 1827, è una provocatoria riflessione sul modo in cui la violenza può essere considerata una forma d'arte. In esso, l'autore descrive con un linguaggio estetizzante i delitti della famiglia Williams, soffermandosi sui dettagli dei loro crimini come se fossero opere d'arte da analizzare e contemplare. De Quincey non intende glorificare l'omicidio, ma piuttosto esplora il confine ambiguo tra moralità e estetica, tra l'orrore e il fascino. Questa tensione tematica è centrale anche nel video di Bowie, che raffigura un mondo degradato in cui l'arte stessa si è trasformata in un atto violento e brutale, un rituale di sacrificio.

Nel video, il processo creativo è rappresentato come un atto che coinvolge sangue, carne e simboli di morte, richiamando direttamente l'estetizzazione della violenza presente nel romanzo di De Quincey. L'ambiente decadente e ritualistico, popolato da figure disturbanti e marginali, suggerisce che l'arte ha smesso di essere uno spazio per la bellezza o per il trascendimento spirituale, per trasformarsi invece in un atto crudele, fisico e viscerale. Questo riflette l'idea che l'artista, nel sistema contemporaneo, deve "uccidere" qualcosa – simbolicamente o materialmente – per creare un'opera che catturi l'attenzione.

Come De Quincey mette in scena l'omicidio come una forma d'arte, Bowie sembra suggerire che il sistema dell'arte contemporanea abbia un rapporto altrettanto perverso con la violenza e la distruzione. Nel suo video, la creazione artistica non è un processo puro, ma piuttosto un atto di disfacimento, che comporta il sacrificio dell'autenticità in favore di qualcosa di più spettacolare e sensazionale.

 

Arte, perversione e spettacolarizzazione

Un tema cruciale che collega il romanzo e il video è la spettacolarizzazione della violenza. De Quincey, nel suo saggio ironico e provocatorio, suggerisce che l'umanità fornisce un certo tipo di attrazione per l'orrore, soprattutto quando viene presentato attraverso una lente estetica. Questo è esattamente ciò che accade nel mondo dell'arte contemporanea criticata da Bowie: un sistema che premia il sensazionalismo e la provocazione sopra il significato intrinseco. La ricerca della novità, dell'eccesso e dello shock diventa il motore principale della produzione artistica, trasformando l'arte in un'esperienza voyeuristica.

Nel video di Hearts Filthy Lesson , questa idea si manifesta attraverso la rappresentazione di un mondo artistico in cui ogni atto creativo è intrinsecamente legato alla violenza e al degrado. Gli artisti ei personaggi che popolano il video sembrano essere ridotti a strumenti di un rituale che non serve più a comunicare, ma solo a esporre, scioccando il pubblico. Questo richiama direttamente l'ironia di De Quincey, che mette in discussione il modo in cui il pubblico sia disposto a trasformare l'orrore in intrattenimento e l'arte in una perversione.

Il sacrificio come metafora dell'arte moderna

Un altro legame significativo tra il romanzo e il video è la centralità del sacrificio come elemento creativo. In L'omicidio come forma d'arte , De Quincey descrive l'atto dell'omicidio come un processo deliberato e ritualizzato, che richiede pianificazione e attenzione ai dettagli, proprio come un'opera d'arte. Allo stesso modo, nel video di Bowie, il sacrificio sembra essere il cuore del processo artistico. Il sangue e la carne diventano metafore per il prezzo che l'artista deve pagare per creare qualcosa di nuovo all'interno di un sistema corrotto e consumato.

Questo tema del sacrificio si collega anche alla figura dell'artista moderno, che Bowie rappresenta come una vittima del sistema dell'arte contemporanea. Proprio come l'omicida di De Quincey, l'artista nel video è intrappolato in un ciclo ossessivo in cui deve continuamente spingersi oltre i limiti morali e creativi per soddisfare le richieste di un pubblico sempre più insaziabile e di un mercato sempre più vorace.

Questa rappresentazione richiama non solo la critica al sistema dell'arte contemporanea, ma dialoga anche con pratiche storiche che hanno cercato di rompere i confini tradizionali dell'espressione artistica. Tra queste, un punto di riferimento fondamentale è rappresentato dall'Azionismo Viennese, un movimento artistico sviluppatosi negli anni Sessanta, che si caratterizza per l'uso del corpo come strumento principale di espressione e per l'utilizzo rituale di materiali come il sangue. Collegare il video di Bowie all'Azionismo Viennese permette di approfondire ulteriormente la riflessione sul ruolo del rituale, del sacrificio e della violenza nell'arte, ponendola in un contesto storico e filosofico più ampio.

Il rituale come performance: il legame con l'Azionismo Viennese

L'Azionismo Viennese, movimento artistico radicale nato in Austria negli anni Sessanta, fu caratterizzato da performance estremamente provocatorie e spesso violente, in cui il corpo, i fluidi corporei (in particolare il sangue) e l'uso del sacrificio ritualistico erano centrali. Artisti come Günter Brus, Hermann Nitsch, Rudolf Schwarzkogler e Otto Muehl esploravano i limiti dell'arte attraverso atti che includevano automutilazioni, lacerazioni e rappresentazioni simboliche di sacrifici. Per questi artisti, il rituale e l'uso di materiali organici non erano fine a sé stessi, ma avevano un profondo significato: rappresentare il dolore, la sofferenza e la fragilità della condizione umana, decostruendo l'idea dell'arte come un'esperienza estetica puramente visiva e cercando di coinvolgere il pubblico in un'esperienza multisensoriale e destabilizzante.

Nel video di Hearts Filthy Lesson , diretto da Samuel Bayer, troviamo un'eco visiva e concettuale di queste pratiche. Bowie e i personaggi che abitano lo spazio decadente rappresentano figure che sembrano impegnati in un rito artistico-ritualistico, in cui materiali corporei e simboli di morte diventano centrali. L'uso del sangue come elemento estetico e simbolico richiama direttamente le performance di Hermann Nitsch, il quale nei suoi Teatro delle Orge e dei Misteri ( Orgien Mysterien Theatre ) utilizzava grandi quantità di liquido ematico e carcasse animali per evocare una connessione primitiva con la vita e la morte. Nitsch, in particolare, concepiva i suoi rituali come una forma di catarsi collettiva, una sorta di purificazione spirituale attraverso la rappresentazione della crudeltà e della morte.

Il video di Bowie, con le sue atmosfere industriali e degradate, trasforma questa estetica in un'ambientazione postmoderna: il sacrificio rituale non è più uno strumento di purificazione, ma un simbolo della corruzione del sistema dell'arte. In questo senso, Bowie capovolge l'idea centrale dell'Azionismo Viennese, trasformando il rituale in una critica della perdita di autenticità e spiritualità sembra nell'arte contemporanea.

Altro tema interessante è l'intersezione tra arte performativa estrema e narrazione musicale si trova in un territorio dove il corpo diventa linguaggio e la società viene decostruita e ricomposta attraverso il simbolismo e la provocazione. In questo contesto, il lavoro di Ron Athey e il concept dei "diari di Nathan Adler" di David Bowie si situano come due espressioni di una stessa esigenza: spingersi oltre i limiti convenzionali dell'arte per esplorare il disagio umano, la politica dell' identità e le possibilità della trasformazione. Entrambi combattono all'interno di una dimensione liminale, in cui il confine tra il reale e il metaforico, il personale e il sociale, si dissolvono.

Ron Athey: il corpo come campo di battaglia

Ron Athey è uno degli artisti performativi più radicali e discussi degli ultimi decenni. La sua arte si basa sull'uso del corpo come medium primario per esplorare temi come il trauma, la spiritualità, l'identità sessuale e la malattia. Nato nel 1961 in California, Athey è cresciuto in una famiglia pentecostale e ha vissuto una serie di esperienze traumatiche che hanno profondamente influenzato la sua poetica. La sua pratica artistica, fortemente influenzata dalla sottocultura queer e dal suo status di uomo sieropositivo, si caratterizza per l'utilizzo di tecniche estreme, come il piercing, il taglio e la manipolazione del sangue, che mettono in discussione il rapporto tra il pubblico e il performer, tra il sacro e il profano.

Opere come "Martyrs and Saints" (1992) e "Incorruptible Flesh" (1996) sono esempi di come Athey utilizza il proprio corpo per raccontare storie collettive di oppressione e resistenza. Attraverso immagini viscerali e rituali, egli trasforma il dolore personale in una performance catartica che costringe il pubblico a confrontarsi con la debolezza umana e le norme sociali. La sua arte non è solo una provocazione, ma un mezzo per sfidare le convenzioni e rivelare ciò che la società preferisce nascondere.

A livello tematico, Athey affronta le questioni che si intrecciano profondamente con le idee di David Bowie nei "diari di Nathan Adler", in particolare la tensione tra identità individuale e collettiva, il rapporto tra tecnologia e umanità, e il ruolo dell'artista come figura liminale che opera ai margini della società.

Come Athey, Bowie esplora l'idea del corpo come spazio di trasformazione e trasgressione. Nei diari di Nathan Adler, i "crimini artistici" non sono solo atti violenti, ma anche espressioni di un desiderio di trascendere i limiti dell'umanità attraverso la creazione e la distruzione. Questo tema è particolarmente evidente nella figura di Baby Grace Blue, una delle vittime dei crimini rituali, il cui corpo diventa un'opera d'arte.

Connessioni tematiche: l'arte come trasgressione

Nonostante le evidenti differenze stilistiche tra Ron Athey e David Bowie, entrambi condividono una visione dell'arte come atto trasgressivo e trasformativo. Nei lavori di Athey, il corpo diventa un palinsesto su cui si scrivono storie di dolore, resistenza e rinascita. Nei diari di Nathan Adler, l'arte si trasforma in un atto di ribellione contro un sistema distopico e oppressivo. In entrambi i casi, l'artista si pone come figura liminale, un intermediario tra il sacro e il profano, tra la società e l'individuo.

Un altro punto di contatto è la riflessione sulla tecnologia e sul suo impatto sull'identità umana. Bowie, nei "diari di Nathan Adler", immagina un futuro in cui la tecnologia ha alterato il modo in cui le persone si relazionano all'arte e alla realtà. Athey, d'altra parte, esplora il corpo umano come una macchina biologica che può essere manipolata e trasformata per sfidare le norme sociali. Entrambi affrontano la questione dell'autenticità e della simulazione, mettendo in discussione cosa significa essere umano in un mondo in rapido cambiamento.

 

 




 

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