Ci sono segni di una potenza inarrivabile, dove altrimenti gli schemi di una mente ordinaria non potrebbero concedere alcuna possibilità interpretativa semantica.
Segni che delimitano, che confinano un area e creano uno spazio sacro.
Oltre il gesto - segno creativo che costituisce l'opera, c'è la determinazione di uno spazio, di un luogo dove l'entrata implica l'attraversamento di una soglia, un inciampo.
Oltrepassare quella "zona tarkovskijana " implica l'accettazione di un non ritorno.
Bisogna, in altri termini essere disposti ad assistere al funerale del proprio ego per poter sopravvivere e cogliere questa epifania.
Lì avviene l'incontro con l'altro, quell'altro che riconosci perché ti abita.
Solo allora puoi raccogliere quell'evento dell'opera che ti annienta e schiaccia come corpo residuale, di risulta.
Accade di fronte a lavori di Artisti che bisogna affrontare con l'occhio umile del piccolo ossevatore che mette in gioco le proprie certezze e paure.
È la forma del non detto che ci fa critici, costruttori di universi creativi e improbabili. Insaziabili d'arte e di gesti inebrianti.
opere di
Berlinde de Bruyckere
Chen Zeng
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