Alcune note e riflessioni a margine della prossima
imminente uscita del sequel “Uno sciamano nel Borgo” Il mio primo romanzo pubblicato con Porto
Seguro Editore.
Per raccontare una singola storia – ha scritto Calvino –
qualunque narratore “allontana da sé la molteplicità delle storie possibili”.
Oggi, però, le cose
vanno diversamente, e ogni storia sembra esistere proprio in virtù degli
innumerevoli sviluppi, variazioni, moltiplicazioni, supplementi che le
gravitano intorno o che è capace di generare. Siamo nell’era in cui sequel,
prequel e varianti di essi, sia letterari sia soprattutto cinematografici,
assumono aspettative e valore quanto e alcune volte più dell’opera originaria.
Ed in parte è vero anche per quanto riguarda la mia
esperienza quando ho cominciato a scrive il sequel di Uno sciamano nel
borgo.
Anzi, man mano che la storia si arricchiva di nuovi personaggi che si inserivano sulle gesta dei vecchi, gli scenari che si proponevano di essere descritti assumevano contorni nuovi, colori e strutture che richiamavano altre e nuovi contenuti. Corroborato e spinto dal mio flusso creativo che adotto quando scrivo
( solitamente ho in mente una storia generale parzialmente tratteggiata che sviluppo solo cronologicamente man mano che la storia avanza) sono io in prima persona ad essere colpito dalle vicende che si dipanano e da esse mi faccio guidare per strutturare la storia.
Ma andiamo con ordine, perché è pur vero che il precedente
libro si concludeva con un classico “finale
aperto” e urlava la richiesta di una prosecuzione e anche alcuni lettori, anzi
mi richiedevano a gran voce che la storia narrata li aveva messi in agitazione,
in attesa sospesa.
Anch’io ho vissuto questa mancata elaborazione del lutto
della fine e anzi le storie incompiute che aleggiavano intorno a personaggi
forti, in primis Tuva l’artista sciamano ricercato e fuggito dopo aver fatto
parecchi danni nella sua Yurta del terrore, mi hanno accompagnato in
questi mesi di scrittura in maniera quasi ossessiva.
E quindi Tuva ritorna.
Poteva scomparire un personaggio
forte, irruento e istintivo, metà raziocinio e metà astratto, metà uomo e metà
animale come l’artista mongolo che abbiamo conosciuto?
Ma anche artista intelligente e colto che non poteva
lasciare che la sua carriera artistica pubblica finisse in cenere , tizzone
ardente tra gli altri tizzoni dei resti del suo misterioso atelier di Zuccarello.
E tornerà sulle scene pubbliche incarnando la sua
trasformazione e il suo risentimento in una rivisitazione del mito greco che
fugge da un labirinto-prigione metaforico, intrecciando le sue vicende ancora
con Leonida, il vice commissario Piscitella e il suo team, trascinandoli in un’azione
deflagrante che getta luce inquietante sulle dinamiche della nostra falsa società
della spettacolo, del mercato imperante, delle fake news di giornalisti
prezzolati e del fenomeno dell’emulazione psicologica facile barattata con
forme autentiche di ribellione sociale.
Lo farà grazie alla collaborazione di nuovi personaggi che
lo coadiuveranno nella sua nuova apparizione in società, mossi da interessi
economici sfruttando la notorietà del mondo artistico che ha costruito Tuva in
questi mesi di latitanza.
Fatali donne giapponesi, trafficanti d’arte appartenenti ad
organizzazioni criminali internazionali, monaci buddisti zen con vocazioni più da haker informatici che religiose, carismatici
vecchi tossici tuttofare.
Un art crime che si muove tra collezioni d’arte
importanti, collezionisti senza scrupolo mossi da impulsi accumulativi,
trasformazioni dei corpi secondo antiche ricette del buon vecchio e famoso
pietrificatore dell’ottocento Paolo Gorini di Lodi - ricordate le teste pietrificate
e il loro collezionista duramente illuso Schieppati- luoghi e ambientazioni ottocenteschi,
rievocazioni di aule di studio anatomico di gusto vittoriano ricostruiti in
nuovi atelier occultati alle porte di Lodi.
Fondamentale sarà lo scorcio su una Milano e le sue piazze
coinvolte nell’incedere dei personaggi che le animeranno lasciando sbigottiti i
milanesi stessi.
Ho lavorato molto sui personaggi , dandogli quello spessore
che nel precedente romanzo non era emerso.
Ad esempi Tuva: non poteva essere scisso dalla sua storia
personale da bambino e giovane, che in un certo senso dava corpo alla
personalità multiforme e problematica
dell’ artista criminale seriale che conosciamo.
Oppure Leonida che finalmente riprende le redini della sua
vita, lasciandosi alle spalle le sue dipendenze e i suoi lutti ma come vedremo ancora vulnerabile quando lo si tira in ballo, disposto a lottare come mai
aveva fatto.
Mi piace definirlo il libro delle citazioni. Ne ho ho
utilizzate parecchie, alcune palesi alcune nascoste che rivelano il mio mondo e
le mie passioni e che lascio a chi vorrà leggerlo scoprirle.
Non ultimo vorrei citare il personaggio virtuale, ma non
troppo, che informa tutto il romanzo. Quella tavola del 1521 di Holbein il Giovane
“Corpo di Cristo nella tomba” che verrà utilizzata anche in
una accezione immaginaria per evocare ricordi, flash back e sindromi di Stendhal
e azioni di mercanteggio criminoso.
Mi sembrava opportuno condividere queste note introduttive in attesa dell'uscita del nuovo romanzo Testa e Croce la vendetta dello sciamano
Aspettiamo con ansia il prossimo sciamano
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